Chiunque abbia un minimo di frequentazione con l’area del trapanese, sa quanto il cognome Maltese sia diffuso. Avendo frequentato le scuole a Erice Casa Santa, io stessa mi sono ritrovata un compagno con questo cognome alle elementari e due compagne, non parenti fra loro, alle medie.
Meno comuni ma con lo stesso significato sono Di Malta, de Malta, Maltisi, mentre in altri centri siciliani si incontrano varianti come Mautisi e Motisi, testimonianza di un ininterrotto scambio di umanità e cultura fra le due isole.
Allo studio della presenza maltese in Sicilia si è dedicato Arnold Cassola, docente di Letterature comparate e Letteratura maltese all’Università di Malta. Se Malta era terra d’esilio per i siciliani, la Sicilia è stata nei secoli meta di una variegata emigrazione maltese.
“Può sembrare curioso che le prime tracce documentali della presenza maltese in Sicilia si rinvengano a Trapani, data la maggiore prossimità con la Sicilia orientale, ma non va dimenticato che si tratta di un centro ricco, per via della sua vicinanza con la Spagna. Questo da un lato determinava una maggiore attrattiva per i maltesi, dall’altro anche una maggiore occorrenza di atti notarili di compravendita e di stipulazione di contratti” osserva Cassola.
Fino alla cessione dell’isola ai Cavalieri di San Giovanni, nel 1530, Malta faceva parte del Regno di Sicilia. Nominalmente anche dopo, durante il dominio dei Cavalieri, anche se di fatto sul territorio si cambiò amministrazione.
La ricerca di Cassola su Trapani, pubblicata nel 2015, parte dagli archivi di quattro notai locali del quindicesimo secolo: Giovanni de Iordano, Giovanni de Nuris, Giovanni Scannatello, Nicolò Scarcella.
“I maltesi in Sicilia ci sono sempre stati, anche se i primi documenti che ne testimoniano la presenza risalgono agli anni attorno al 1300, legati prevalentemente alla produzione del cotone e alla sua esportazione in Sardegna e alle Baleari”. I maltesi di Trapani facevano anche altri mestieri: dalle attività legate all’agricoltura a quelle legate alla pesca. “Ma anche amministratori di immobili, commercianti di cavalli e latticini. C’è poi il gestore di una taverna e addirittura un corallaro: Rogarius Maltensis”.
Gli atti notarili trapanesi esaminati “non danno solo uno spaccato molto chiaro della stratificazione sociale e della distribuzione topografica dei maltesi che vivevano a Trapani, ma apportano anche un importante contributo alla ricostruzione di quella che oggi viene chiamata l’identità dei Maltesi” si legge nel volume. “I documenti che si trovano negli archivi notarili di Trapani comprovano che Scannatello e colleghi – scrive Cassola facendo riferimento ai notai i cui archivi ha spulciato – erano ben consci del fatto che i maltesi fossero un gruppo etnico specifico”.
Sul tema dei maltesi in Sicilia, Cassola ha pubblicato diverse altre ricerche: tre in italiano (I Maltesi di Trapani, I Maltesi di Vittoria e Scoglitti e Malta-Pachino una storia in comune) e altre in inglese (fra queste Malta-Sicily e Malta: People, Toponimy, Language)._
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