Il santo che tolse il veleno ai serpenti

Non è mai stata registrata sul territorio maltese la presenza di specie velenose di serpenti.

 Naufragio di San Paolo a Malta, Laurent de La Hyre, olio su tela, 1630. 

Secondo la tradizione del nuovo testamento, Paolo di Tarso, naufragato a Malta, fu accolto con grande ospitalità degli isolani. Mentre erano tutti raccolti attorno a un fuoco che avevano acceso per scaldarsi, Paolo si piegò a raccogliere un fascio di rami secchi da gettare sul fuoco. Fu allora che venne morso a una mano da una vipera, sotto gli occhi di un gruppo di nativi che, secondo gli Atti degli Apostoli, ben conoscevano la velenosità del serpente. Al vedere la serpe pendergli dalla mano, gli abitanti dissero fra loro: “Certamente costui è un assassino perché, sebbene scampato al mare, la dea della giustizia non lo ha lasciato vivere”. Si aspettavano quindi che il naufrago mostrasse la tipica reazione allergica al veleno e cadesse morto, ma egli scosse la vipera nel fuoco e non subì alcuna conseguenza dal morso. Dopo avere visto che non gli succedeva nulla di straordinario, gli abitanti cambiarono parere e iniziarono a ritenerlo un dio (Atti degli Apostoli 28;1-6).

Ora, proprio per il fatto che non si è mai registrata alcuna specie rettile velenosa sull’isola, risulta difficile capire quale serpente morse Paolo e questa è una delle ragioni che rende problematica l’identificazione dell’isola del naufragio con Malta. Una difficoltà che la credenza popolare ha risolto decretando che l’azione evangelica di San Paolo in Malta ebbe l’effetto miracoloso di far perdere ai serpenti maltesi la loro tossicità.

In ogni caso, dei quattro tipi di serpente che vivono sulle isole maltesi – Telescopus fallax fallax o serpente gatto europeo, Elaphe situal leopardina o colubro leopardino, Coluber viridiflavus carbonarius o biacco, e il Coluber florulentus algirus – nessuno è velenoso per l’essere umano.

 L’autrice di spalle mentre fotografa la macchia mediterranea; scatto di David De Bono

L’idea del santo che priva creature letali delle loro armi è certamente rassicurante e consolatoria, tuttavia i testi sacri (Atti degli apostoli 27;27) parlano poi dell’Adriatico come del mare nel naufragio di Paolo, secondo alcuni da identificare però con lo Ionio, circostanza che porterebbe comunque a identificare la Melita biblica con un’isola diversa da Malta.

Il culto paolino maltese è ovviamente attaccatissimo all’identificazione di Malta con la Melita biblica, ma alcuni intellettuali hanno evidenziato come nella storiografia maltese il resoconto degli eventi sia stato piegato al mito per scopi religiosi e ideologici. Proprio del mito paolino e dei suoi abusi nei confronti della verità storica si occupa un libro del 2013 dello storico maltese Mark Camilleri.

 Il libro di Camilleri

Ad ogni modo, la stessa tradizione che vuole San Paolo come l’annientatore del veleno ofidico, narra anche che esso sia passato dalle fauci dei serpenti alla lingua dei maltesi._

 

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