M.C. Escher e Senglea

Come non lasciarsi affascinare dal Grand Harbour attraverso il quale Valletta e le Tre Città si guardano? E come non lasciarsi affascinare da Isla, o Senglea, la più intrinsecamente marinara delle tre? Se poi si amano le geometrie della Storia e dei paesaggi, resistervi è impossibile. E infatti neanche il genio artistico-matematico di Maurits Cornelis Escher riuscì a resistere al richiamo di Senglea e del suo mare, delle sue torrette di avvistamento, dei suoi balconi, delle sue attività portuali.

 Senglea, Malta, xilografia del 1935 

Dal 1923 al 1935 l’artista olandese visse a Roma. Nel suo “periodo italiano” rientrano anche alcune opere còrse e altre maltesi.

 Schizzo di Senglea, matita 1936

I suoi lavori più visionari sono successivi all’anno in cui, allarmato dall’indurimento del regime fascista, abbandona l’Italia alla volta della Svizzera, i cui paesaggi per fortuna non lo ispirano affatto. Per questo nel 1936 Escher si imbarca su un mercantile con destinazione Spagna, una tappa fondamentale della sua maturazione artistica a causa del suo incontro con i mosaici moreschi dell’Alhambra, il cui rigore geometrico lo spingerà verso i suoi esperimenti di tassellatura e la suddivisione regolare del piano attraverso la ricorrenza di immagini arricchite, rispetto all’arte islamica, dell’elemento figurativo. Non più semplici poligoni, quindi, ma omuncoli, rettili, uccelli, crostacei e così via: una delle cifre escheriane più riconoscibili e immediatamente contigua alla tendenza all’infinito, alla compenetrazione di mondi, alle illusioni ottiche, i paradossi geometrici e percettivi, alle figure impossibili che lo renderanno celebre e unico. Al ritorno da Granada, lascerà la Svizzera alla volta del Belgio.

 Esempio di tassellatura escheriana: horseman (no. 67)

Se le opere maltesi rientrano a pieno nel periodo italiano, quello in cui l’interesse per i paesaggi bastava a soddisfare l’artista, l’incisione Balcone del luglio 1945 rientra più nel campo della ricerca visiva. Il lavoro deriva da uno schizzo fatto durante una sosta di fronte a Senglea nel corso dell’ultimo viaggio nel Mediterraneo quasi dieci anni prima. È una dilatazione dell’immagine, come se la superficie presentasse un rigonfiamento o come se fra lo sguardo e l’opera si frapponesse una lente d’ingrandimento. Il centro viene quindi espanso in un ideale cerchio, di conseguenza il perimetro della sezione dilatata viene al contrario ridotto, contratto, come se la circonferenza risentisse della pressione esercitata dalla parte gonfiata.

 Balcone, litografia del 1945

La veduta di Senglea resterà ambientazione anche di un altro lavoro, una delle opere più visionarie e “matematiche” e una delle preferite dallo stesso incisore olandese: Galleria di stampe, una litografia del 1956. Nell’immagine, un osservatore all’interno di una galleria d’arte guarda la stampa che raffigura il porto maltese. Procedendo verso destra e verso il basso, l’osservatore (e noi con lui) scopre fra le palazzine l’edificio della galleria in cui si trova lui stesso. Al centro –  nel punto originario della distorsione delle dimensioni, quella che crea l’effetto Droste in un’immagine ricorsiva a spirale – c’è in vuoto, una semplice macchia bianca contenente la sigla dell’artista.

 Galleria di stampe, litografia del1956

Per chi fosse interessato al metodo matematico di Escher, qui tre articoli apparsi sul numero 50 (aprile 2003) di Notices of the American Mathematical Society, il primo dei quali fa diretto riferimento all’indirettamente sengleana Galleria di stampe._

 

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