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Malta e le discriminazioni verso i non maltesi

Esiste un sentimento anti stranieri nei maltesi, o è un mito vittimistico? Difficile a dirsi, ma quello che è successo sabato scorso puzza di discriminazione.

Il cartello ingenuamente frainteso

Avevo sentito parlare del razzismo dei maltesi contro i non maltesi. Ma non ne avevo mai avuto esperienza diretta: ho la fortuna di avere a che fare con persone aperte e ospitali, desiderose di conoscere e curiose del mondo. Nessuno mi ha mai detto Go Back to Your Country, come a quanto pare capita spesso ad altri stranieri presenti sulle isole dell’arcipelago.

Sabato mattina purtroppo sono invece tornata a casa dalla mia passeggiata mattutina con i cani con la sensazione di avere subito non solo una discriminazione, ma anche una vera e propria forma di aggressione in quanto non maltese.

Tornando dalla zona di High Street, dal lungomare di Sliema scendevo sugli scogli dopo aver letto e non capito questo cartello (una mia mancanza, per carità) e averlo interpretato come: i cani non possono fare il bagno al mare. Motivi igienici, ho pensato. In ogni caso – mi sono detta – non sarà una comunicazione importante, dato che ogni segnalazione è almeno in due lingue, se non direttamente solo in inglese (come il divieto, rivolto solo alle donne, di prendere il sole in topless, perché la vista accidentale di un capezzolo femminile non crei problemi di ordine pubblico e turbamento generale), e vantarsi di presunte acque pulite anche in cinque. Anche questa supposizione è un mio peccato di superficialità e di ingenuità.

Cartello in cinque lingue, il cui unico errore in italiano è l’accento acuto invece del grave sopra la E

In ogni caso, scese le scalette, ho liberato i cani. Mentre toglievo loro il guinzaglio, si è avvicinata una cagna simpatica, un incrocio di bull terrier, accompagnata dal suo padrone, un maltese cortese che ha salutato con la mano (il corrispettivo di un sorriso in tempo di mascherine) e si è allontanato dal lato opposto rispetto a dove ci siamo diretti io e i miei cani.

Mentre passeggiamo sugli scogli, dall’alto sento una voce femminile dire: Sinjura, iċċinga!

La scala attraverso cui ho avuto accesso alla spiaggia rocciosa.

Vedo due vigili, un uomo e una donna che mi guardano dal marciapiede soprastante. Per assonanza con signora e cinghia e data la situazione, capisco che si stanno rivolgendo a me chiedendomi di mettere i cani al guinzaglio. Così faccio, rispondendo loro in inglese. E qui, capisco col senno di poi, è stato il mio errore.

Decido quindi di tornare sui miei passi e risalire da dove sono venuta. Dietro l’angolo del locale Surfside vedo il vigile col suo taccuino elettronico. Mi ferma e mi chiede i documenti. Per i cani? Gli chiedo. Lui tentenna e mi dice che non posso tenere i cani senza giunzaglio. Gli spiego che il cartello è solo in maltese e che comunque non appena mi hanno detto di metterglielo, l’ho fatto. Subito dopo mi arriva alle spalle la sua collega, e qui ha inizio lo sguaiato psicodramma. Lei urla, minaccia. Puntandomi il dito contro mi dice in inglese Quando io ti chiamo tu ti fermi!

Cartello in inglese che indica il divieto di prendere il sole senza la parte di sopra del costume da bagno

Io non capisco. Lei insiste: mi chiamava e io scappavo! Le spiego che in un lungomare pieno di gente non l’ho sentita, inoltre come mi avrebbe chiamato, se non sa il mio nome? E lei ricomincia a gridare I was calling you madam! madam!

Ora, io non ho preso le misure, ma la distanza fra le due discese consecutive – quella prima e quella dopo il Surfside – dovrebbe essere approssimativamente di cinquecento metri. Il traffico di Triq it-Torri è intenso e caotico. Come facevo a capire che era rivolta a me, quando non riuscivo neanche a sentirla?

Lei continua a urlare e continuando a puntarmi il dito contro dice al suo collega Fagliene due! E non avendo evidentemente apprezzato la corsa che si è fatta per raggiungere me che procedevo a passo normale, prosegue a urlare in maltese dopo avermi detto: You’ll tell the court! Poi si allontana di qualche metro.

Il vigile uomo, excusatio non petita, mi dice, sempre in inglese: non creda che sia qualcosa di personale. La multa la facciamo indipendentemente a italiani e maltesi. Accusatio manifesta. Mentre lui stacca la mia doppia multa, a pochi metri da noi la sua collega incrocia l’uomo della bull terrier di ritorno dal suo giro, gli dice di mettere iċċinga e lo lascia andare. Il maltese cortese, giustamente, la ringrazia. Cordialità.

Il vigile mi guarda imbarazzato e mi dice: se vuole, la multa la può contestare. Mi spiega che quando mi arriverà a casa potrò agire.

Dopo che si allontanano, si avvicina un ragazzo maltese con un carlino, mi parla in italiano. Mi dice che non aveva idea che lì i cani non potessero stare senza guinzaglio. E poi: Scusami se te lo dico, ma è perché era una donna che ha agito così. Io gli spiego che certe caratteristiche umane – che non esito a nominare – prescindono dal sesso. Tanto più che, anche se era lei a sbraitare come una povera forsennata, è stato lui a firmarmi la doppia multa, sebbene quasi scusandosi. Poi mi dice: Comunque se fossi stata maltese non te l’avrebbero fatta. E su questo non riesco a dissentire._

 

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