Mentre in Italia fior di giornalisti dal profilo psicologico dell’incel fanno della misoginia la sostanza dei loro editoriali – inutile in questa sede fare la lista di nomi e articoli che da anni si succedono nell’auspicare stage afgani per le italiane o spiegano che le donne devono leggere e guadagnare meno per, rispettivamente, tornare a fare figli e piacere ai maschi – nella piccola Malta accade che il redattore di un giornale progressista compie un passo falso, seppur dubbio, e invece di nascondersi dietro facili pretesti difensivi giocando sull’ambiguità, coglie l’occasione per analizzare il proprio linguaggio e si corregge, lasciando sul sito del giornale il titolo tagliato da una linea orizzontale.
La notizia è questa: l’eurodeputata Roberta Metsola, in quota Ppe, è stata annoverata fra i cinque membri del parlamento Europeo più influenti in tema di democrazia e affari interni. Nella classifica stilata dall’indice VoteWatch e basata su dati che misurano la capacità dei deputati di cambiare leggi, creare dibattiti e orientare la discussione pubblica, Metsola si è anzi aggiudicata il secondo posto, unendosi a “pesi massimi” della politica europea quali il socialista Juan Fernardo Lopez Aguilar e la liberale Sophie In’t Veldt.
Il problema nasce proprio dalla retorica pugilistica: se nel pezzo il calibro politico dello spagnolo e dell’olandese è definito dal livello pesi massimi, il titolo richiama la stessa metafora parlando di un salto di categoria per l’eurodeputata maltese. Metsola punches above her weight with top-five most influential MEP ranking, si leggeva in homepage del MaltaToday.
A Matthew Vella è stato contestato un atteggiamento condiscendente nei confronti di una politica che comunque ha una certa esperienza. Alle polemiche sui social è stato risposto da varie parti che le due diverse categorie facevano riferimento al peso politico di un piccolo Paese come Malta rispetto all’Europa, e non a quello dell’europarlamentare nazionalista. Tuttavia, lo stesso Vella si è posto il problema di un possibile inconsapevole condizionamento linguistico dettato dal fatto che si stesse parlando di una donna. Avrebbe formulato lo stesso pensiero, e usando le stesse parole, se si fosse trattato di un uomo? Rispondere a cose fatte è quasi impossibile senza ammettere un minimo livello di malafede. Quindi ha optato per la soluzione più onesta, un’autodenuncia, facendo di un presunto scivolone l’occasione di una riflessione.