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L-interdett, la Chiesa chiede scusa

A Malta tutto è politica. I due principali partiti, di fatto gli unici due che si avvicendano al governo dell’isola, riflettono quasi nettamente la realtà del Paese, proiettandosi in quasi ogni aspetto della vita quotidiana, dalla lingua che si parla (il maltese o l’inglese) alla squadra per cui si tifa, alle scuole che si scelgono per i propri figli.

 E’ severamente proibito discutere di qualunque argomento politico. Cartello affisso in un bar di Lija

I diversi centri urbani tendono a essere politicamente individuabili: quelli settentrionali a maggioranza nazionalista, quelli meridionali a maggioranza laburista. Ovviamente è una schematicità che ha le sue eccezioni: Joseph Muscat – il primo ministro del governo laburista tanto avversato da Daphne Caruana Galizia — manda le sue figlie nelle elitarie scuole private dove si parla inglese, le stesse frequentate a suo tempo dai figli della giornalista.

Nella forte polarizzazione identitaria e politica che caratterizza Malta, c’è stata una fase in cui lo scontro fra nazionalisti e laburisti ha coinvolto anche la Chiesa maltese. Avvenne nel 1961, quando l’arcivescovo Mikiel Gonzi dichiarò scomunicati tutti coloro che avrebbero votato Labour, e durò fino al 1964. Un atto noto col nome di Interdett, l’interdizione. Ovviamente coinvolse in primo luogo gli esponenti politici del Partit Laburista, il cui nome era allora in inglese, quindi Malta Labour Party. La circolare era arrivata in tutte le parrocchie maltesi. La Chiesa non aveva digerito l’adesione del PL all’Internazionale socialista e all’Aapso voluta dal leader Dom Mintoff.

A farne le spese furono anche coloro che dichiaravano le loro simpatie laburiste, che compravano giornali laburisti, e ovviamente quanti dichiaravano di votare Labour. Credenti o meno, il parroco si sarebbe rifiutato di benedire casa loro, di dar loro i sacramenti, di trattarli da cattolici. E anche di dar loro “degna sepoltura”.

Uno degli otto maltesi cui vennero negati funerali cattolici fu lo scrittore ed ex vice primo ministro (laburista, inutile dirlo) Ġużè Ellul Mercer. I nipoti, oggi all’incirca settantenni, lo ricordano come un credente devoto. Il luogo in cui vennero conservate le spoglie sello scrittore, insieme a quelle di altri sette laburisti, era adiacente al cimitero e vi fu successivamente accorpato. L’area viene chiamata dai maltesi il-miżbla, la discarica. Proprio la settimana scorsa, il 2 novembre, giorno dei morti, l’arcivescovo Charles Jude Scicluna ha chiesto scusa per quel decreto, benedicendo le tombe di quella zona che ormai fa parte integrante del cimitero.

 Tomba di Ellul Mercer. Foto Maltatoday

Quest’estate il piccolissimo editore siracusano Morrone, col supporto del National Book Council di Malta, ha tradotto il diario del primo anno della seconda guerra mondiale scritto proprio da Ellul Mercer. Un’opera minore e non la più significativa della produzione dell’autore né tanto meno della letteratura maltese, legata comunque alla Sicilia, da cui partivano gli attacchi della Regia Aeronautica, cui presto si unirono i bombardieri tedeschi.

Il libro si apre con la pagina del 10 giugno 1940 e la presa di coscienza dell’imminente guerra. “Ho saputo da un mio amico inglese che il ministro italiano Ciano ha comunicato all’ambasciatore inglese a Roma che l’Italia sarebbe entrata in guerra contro gli inglesi, e che da un momento all’altro Mussolini avrebbe dato questa notizia”.

La notizia ancora non è ufficiale, e l’autore sembra evocare quella fiducia ottusa nella regolarità della vita cui Amitav Ghosh nella Grande cecità fa riferimento in relazione ai cambiamenti climatici.

 Sotto il fuoco, Malta bombardata dagli italo-tedeschi, Il libro di Ellul Mercer pubblicato in Italia da Morrone

“La maggioranza dei maltesi non ci vuole credere – si legge nelle prime pagine del diario – e, siccome non desiderano trovarsi in una così brutta situazione, credono in quello che vogliono e non nella pura verità. Come sono fortunati i cretini! Non vedono i guai e non vivono nell’ansia”._

 

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