Due anni dalla morte di Daphne Caruana Galizia

Essere riuscite a tenere un blog su Malta per quasi sei mesi senza parlare di lei – se non citandola in un paio di occasioni – è stato certamente difficile e strano. Lungi dal pensare che fosse stato detto tutto quello che poteva essere detto, tanto più che tra i lati oscuri della vicenda restano ancora da chiarire i mandanti dell’omicidio, ho fatto un passo indietro davanti alla complessità del personaggio. Una complessità che i maltesi con cui mi è capitato di parlarne mi hanno sempre comunicato attraverso le reazioni emotive più disparate. Oggi però, nel secondo anniversario del suo assassinio è impossibile fare a meno di trattare l’argomento.

 Daphne Caruana Galizia. foto dal sito di International Federation of Journalists 

Il 16 ottobre 2017, la giornalista e blogger Daphne Caruana Galizia, è stata uccisa da una bomba piazzata nella sua auto. Gli esecutori materiali dell’omicidio sono stati individuati in Alfred Degiorgio, detto il-Fulu (la fava), suo fratello George Degiorgio, detto iċ-Ciniż (il cinese), Vince Muscat, detto il-Koħħu (che a quanto pare non vuol dire niente). I tre andranno presto sotto processo. L’inchiesta per individuare i mandanti è invece ancora in corso.

I figli di Caruana Galizia sono convinti, insieme a parte dell’opinione pubblica, che l’attuale governo maltese guidato dal laburista Joseph Muscat abbia a che fare con la morte della madre. Ma dalle indagini non sono finora venuti fuori elementi definitivi a corroborare questa ipotesi.

L’attentato che ha ucciso Caruana Galizia ha gettato una luce sinistra sulla soleggiata isola dei cavalieri, meta privilegiata da inglesi beoni, patiti di gioco d’azzardo, luogo deputato di vacanze-studio per imparare l’inglese senza rinunciare ai divertimenti balneari. L’evento ha fatto emergere la profondità di una realtà stratificata, con le sue contraddizioni sociali, politiche ed economiche. Perché proprio in virtù di queste stratificazioni, difficilmente individuabili a una prima occhiata, Malta è più grande di quel che appare, come ha detto qualcuno. Diversi livelli storici, linguistici e identitari che continuano a convivere nella società maltese contemporanea e che venivano raccontati da una giornalista ostinata e coraggiosa, contraddittoria, adorata e detestata. E sola.

Dal suo assassinio, la giornalista diviene nota a livello internazionale, diventa semplicemente “Daphne”, secondo la diffusa pratica per cui con le donne, anche illustri, si accorciano le distanze privandole di titoli o cognome. Forse si tratta di semplice affetto per una vittima della criminalità cui ci si sente particolarmente vicini (ma non ho mai sentito nessuno riferirsi a Falcone e Borsellino – per fare il primo esempio che da siciliana mi viene in mente – come a Giovanni e Paolo, se non familiari e amici). D’altro canto, si potrebbe obiettare, il cognome è comunque quello dei mariti o dei padri, e Caruana Galizia era quello del marito, appunto. Il cognome da nubile di Daphne era Vella.

Un personaggio quindi complesso ma anche controverso. E temuto, anche a causa del suo sistema di trovare e creare notizie. Una comunicatrice coraggiosa ma pure spregiudicata. Come dice David Friggieri nel suo Fenomenologia di Daphne Caruana Galizia (scritto ben sette anni prima dell’omicidio), la giornalista, a un certo punto della sua attività di blogger, ha iniziato a godere quasi di uno status di rockstar in un ambiente, quello maltese, che non ha vere rockstar da venerare. Il suo Running Commentary arrivava a registrare 400.000 accessi giornalieri, a fronte di una popolazione di circa 475.000 nelle due isole dell’arcipelago.

Caruana Galizia faceva da sola quello che in qualunque altra testata fanno almeno dieci persone. Si occupava di tutto: politica, costume e cronaca maltese, alternando con sapienza diversi registri, dall’analisi più raffinata al gossip più frivolo, dall’attacco personale privo di scrupoli, all’inchiesta più accurata. Non si fermava davanti a niente, non aveva timori reverenziali nei confronti di nessuno. Infrangeva tabù, ma infrangeva anche la privacy di molti. Un’assoluta novità in un ambiente così piccolo e controllato, dove la tendenza è quella a non disturbare perché prima o poi la si paga. Se poi a disturbare è una donna, il disagio procurato diventa imperdonabile.

 In occasione dell’anniversario i maltesi che chiedono la verità sul delitto si raccoglieranno alla Valletta. Immagine dall’evento Facebook.

Il timore di rappresaglie tiene la società maltese sotto controllo. Ma non lei che, pur lavorando da sola, poteva contare sull’apporto di quella che chiamava esplicitamente my international worldwide network of spies (la mia internazionale rete mondiale di spie). Anche di questo si nutriva il metodo Daphne, dell’apporto documentale (testimonianze, fotografie, indiscrezioni) fornitele direttamente da cittadini comuni che per caso si ritrovavano davanti, in situazioni più o meno incresciose, personaggi pubblici o che comunque sapevano nel mirino della giornalista.

Un sistema basato su fonti da lei rigorosamente tutelate. Un sistema grazie al quale tutti si sentivano in qualche modo coautori del suo blog. Ma non è certamente solo in virtù di questa partecipazione diffusa che tutti parlavano del suo sito. Ogni suo post, a Malta, era un evento: Hai visto che ha scritto questa volta? Hai visto cosa ha osato?

Il primo post del Running Commentary viene pubblicato il 2 marzo del 2008 alle 02,02 del mattino, una settimana prima delle elezioni chiave che segnarono la vittoria con margine molto ridotto dei nazionalisti di Lawrence Gonzi sui laburisti guidati dal detestato Alfred Sant.

Con un ritmo che supera presto i dieci post al giorno, già all’indomani del voto, il 9 marzo, un giorno in cui pubblica ventidue post, il suo blog supera le 115.000 visualizzazioni. Lo scrive la stessa Caruana Galizia, sottolineando come questo riveli che la gente è affamata di informazione. Sembra che nelle intenzioni della giornalista ci fosse l’idea di chiudere il blog a elezioni concluse. I commenti dei lettori lamentano questa eventualità. In ogni caso lei decide di continuare.

Il suo è un Paese molto piccolo e storicamente molto povero che però negli ultimi anni della vita della giornalista arriverà fra i primi in Europa per crescita annua del Pil. Una crescita basata prevalentemente sulla fiorente industria del gioco d’azzardo on line e su una fiscalità agevolata che attira molti capitali esteri, non tutti cristallini.

E a Malta tutto è politica, i due principali partiti – di fatto gli unici due che si avvicendano al governo dell’isola – riflettono quasi nettamente la realtà del Paese proiettandosi in quasi ogni aspetto della vita quotidiana. Ovviamente è una schematicità che ha le sue eccezioni. E lei stessa non è del tutto al di sopra di questo sistema dualistico: pur cogliendo e narrando con acume anche le malefatte di alcuni politici nazionalisti, era profondamente altoborghese, fondamentalmente anglofona, irriducibile portatrice di una coscienza di classe che la rendeva adorata da una parte della società maltese e invisa al resto.

Sull’omicidio sembra periodicamente aprirsi qualche spiraglio di verità, ma il cuore del mistero è ad oggi irrisolto. Quel che è certo è che Caruana Galizia trattava senza timidezza della sostanza oscura che scorre nelle vene di Malta, nel suo tessuto economico e politico, e anche semplicemente nella sua mentalità._

 

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Informazioni su Irene Chias

Dopo aver lavorato per anni come giornalista in Francia e a Milano, Irene Chias si è trasferita a Malta nel 2019. Nel 2010 è uscito il suo romanzo "Sono ateo e ti amo" (Elliot 2010; Laurana 2022). Nel 2013 è stato pubblicato "Esercizi di sevizia e seduzione" (Mondadori), vincitore nel 2014 del Premio Mondello Opera Italiana e del MondelloGiovani e tradotto in maltese col titolo "Mur Ġibek". Del 2016 è "Non cercare l'uomo capra" e del 2020 "Fiore d'agave, fiore di scimmia" (Laurana), anch'esso tradotto in maltese. Nel 2023, è uscito Rocchesante (Laurana), tra i vincitori del premio Carlo Piaggia - Città di Capannori.